lunedì 22 agosto 2016

Il Baratto Amministrativo? Bocciato da 3 sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti, a San Giorgio viene proposto da M5S e maggioranza

Nel giorni scorsi abbiamo fatto la felice scoperta che la consigliera di minoranza del M5S al Comune di San Giorgio esiste ed ha perfino protocollato una mozione da discutere al prossimo consiglio Comunale sul tema del baratto amministrativo.
All'interno della mozione e dei comunicati stampa ad essa collegati leggiamo: il documento prende ispirazione dalle difficoltà che sempre più concittadini incontrano nel far fronte al pagamento dei tributi comunali e dalle ingenti somme evase, di cui il Comune di San Giorgio del Sannio è creditore, a titolo di imposte e tasse locali. Un sistema che farebbe contento chi, magari essendo disoccupato, ha tempo a disposizione e debiti insoluti. Le tasse dovute, in questo caso, sarebbero trasformate in ore da dedicare alle attività in favore della comunità.
Ebbene, nel leggere il testo della mozione, ci è venuto un groppo in gola!
Ebbene sì, un groppo in gola: ma se lo sappiamo perfino noi, miseri e comuni cittadini attivi che questa cosa non si può fare, com'è possibile che non lo sappiano gli “eletti”???

E, peggio ancora, com'è possibile che il gruppo Futuro Giovani che fa capo al Sindaco Pepe, uomo politico navigato, ben coadiuvato da commercialisti ed avvocati, faccia sapere attraverso un post su Facebook che la maggioranza ha “già manifestato la volontà di utilizzare questo strumento. E lo ha fatto formalmente nella dichiarazione di voto della maggioranza sul Bilancio di previsione durante il Consiglio Comunale del 20 luglio scorso”???
Ma andiamo per ordine e cerchiamo chiarire cosa è cambiato dalla promulgazione del LEGGE 11 novembre 2014, n. 164 (Conversione, con modificazioni, del decreto-legge 11 settembre 2014, n. 133) , che all'art. 24 istituisce il baratto amministrativo, ad oggi .

Come scritto nella mozione presentata protocollata dalla consigliera 5 stelle, l'art. 24 prevede la possibilità di deliberare riduzioni o esenzioni di tributi a fronte di interventi per la riqualificazione del territorio da parte di cittadini singoli o associati e, sempre secondo il testo della mozione, la richiesta di usufruire di questa possibilità nasce dall'esigenza di dare vita ad una sorta di sanatoria dei debiti tributari pregressi dei cittadini nei confronti del Comune attraverso la prestazione di attività socialmente utili. Si parla, infatti, chiaramente di debiti insoluti.
Detta così il baratto amministrativo sembrerebbe uno strumento ottimo sia per i cittadini con una pesante situazione debitoria nei confronti dei Comuni sia per i Comuni che attraverso questo strumento potrebbero ridurre i crediti derivanti dal mancato pagamento dei tributi.

Ebbene,la recente deliberazione n. 27/2016/PAR della sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna della Corte dei Conti ha chiarito una volta per tutte, dopo la confusione fatta in numerosi Comuni italiani, anche da attivisti e portavoce a 5 stelle, le modalità applicative del baratto amministrativo, escludendo proprio la possibilità per i Comuni di concedere riduzioni o esenzioni dai tributi locali in relazione a debiti fiscali pregressi.
Il testo della deliberazione della Corte dei conti dell'Emilia Romagna, infatti, non lascia spazio a fraintendimenti: non è “ammissibile la possibilità di consentire che l’adempimento di tributi locali, anche di esercizi finanziari passati confluiti nella massa dei residui attivi dell’ente medesimo, possa avvenire attraverso una sorta di datio in solutum ex art. 1197 c.c. da parte del cittadino debitore che, invece di effettuare il pagamento del tributo dovuto, ponga in essere una delle attività previste dalla norma (art. 24, cit.) e relative alla cura e/o valorizzazione del territorio comunale.
La Sezione ritiene che tale ipotesi non solo non rientrerebbe nell’ambito di applicazione della norma in quanto difetterebbe il requisito dell’inerenza tra agevolazione tributaria e tipologia di attività svolta dai soggetti amministrati, elementi che, peraltro, devono essere preventivamente individuati nell’atto regolamentare del Comune, ma potrebbe determinare effetti pregiudizievoli sugli equilibri di bilancio considerato che i debiti tributari del cittadino sono iscritti tra i residui attivi dell’ente”.
In soldoni, ciò significa che anche se un Comune si dota oggi di un Regolamento del Baratto Amministrativo, esso non può essere applicato ai debiti accumulati in passato.
Gli articoli del regolamento, infatti, per essere rispondenti all'art.24 dello Sblocca Italia dovranno dettagliatamente definire le attività che possono essere svolte dai potenziali beneficiari e quantificare dettagliatamente la spesa: solo in questo modo verrebbe rispettata la condizione fondamentale ribadita dai giudici contabili, la cosiddetta inerenza tra agevolazione tributaria e tipologia di attività svolta dai soggetti amministrati.
Per essere ancora più chiari il valore economico della prestazione offerta dal cittadino deve corrispondere alla misura delle imposte locali agevolate e la relativa delibera assunta dall’ente pubblico territoriale deve motivare adeguatamente la decisione di avvalersi dell’istituto del baratto sulla base di una attenta valutazione di tutti gli interessi coinvolti che dimostri la convenienza, anche economica, della scelta effettuata.
Va da sé che il Regolamento diventa operativo dal momento dell'approvazione e non può avere valore retroattivo.
Ciò detto, è evidente che gli amministratori che utilizzassero il baratto per sanare debiti pregressi correrebbero il rischio non solo di sforare gli equilibri di bilancio ma anche di essere passibili di denuncia per danno erariale.

Esiste, poi, un'altra determinazione, la n. 12/2016 della Corte dei Conti sezione controllo del Molise la quale ha escluso che l'utilizzo del baratto possa essere utilizzato per aggirare vincoli di finanza pubblica, né tanto meno acquisire beni o servizi in violazione di precisi e puntuali divieti stabiliti dalla normativa finanziaria.
In parole povere ciò significa che poiché esiste un “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”, codice che impone alle “amministrazioni aggiudicatrici” di osservare le regole della cosiddetta evidenza pubblica (ovvero predisporre e rendere noto il bando di gara) per la conclusione di contratti aventi per oggetto l'acquisizione di servizi, prodotti, lavori e opere, qualsiasi eventuale esecuzione di opere pubbliche, anche quelle volte a sanare l’intero importo del debito da parte dei cittadini nei confronti del Comune, non può sottrarsi al rispetto della legge.
E non è possibile nemmeno utilizzare, per aggirare l'ostacolo, lo strumento della compensazione del debito dal momento che è impossibile compensare un debito certo, quello del contribuente, con un credito futuro. La compensazione, infatti, può operare solo tra crediti certi, liquidi ed esigibili.

Tutto ciò evidenzia come il baratto amministrativo non sia quello strumento semplice ed utile che si ipotizzava fosse e che per poterlo realizzare è necessario uno studio approfondito sia di natura legale che fiscale, studio che da cittadini attivi ed attenti a quanto viene proposto e realizzato nel nostro Comune auspicavamo fosse già stato fatto da maggioranza e opposizione vista la disponibilità già dimostrata a valutare l'adozione di questo strumento.
Ci spiacerebbe davvero tanto se dovessimo venirci a trovare nella situazione della gatta che per la fretta fece i figli ciechi!!!
Comprendiamo la necessità di entrambi,maggioranza e minoranza pentastellata, forse anche un po' demagogica, di mostrarsi attivi e attenti alle necessità dei cittadini, in particolare delle famiglie in difficoltà, tuttavia forse è il caso di evitare di aggiungere al danno dei crediti non riscossi la beffa di una denuncia per danno erariale alle casse comunali!!!

Tutto ciò detto, ci permettiamo di suggerire alla maggioranza e all'opposizione a 5 stelle una soluzione che capovolge la visione del baratto amministrativo come strumento socio – assistenziale e lo trasformi in una misura di sussidiarietà che stabilisca oggi un patto tra Ente pubblico e cittadini per progettare l'azione collettiva di domani.
Con l'aiuto di amici avvocati e commercialisti e grazie all'ampia documentazione fornitaci da diverse associazioni nazionali che si occupano di welfare e beni comuni, infatti, abbiamo individuato una tipologia di regolamento comunale che superi la sequenza difficoltà economica individualemorosità fiscale nei tributi comunalidisponibilità a lavorare in situazioni di pubblica utilità per il ripiano del debito fiscale e consideri, invece, essenziale l'impostazione sussidiaria, dove il riferimento allo sconto fiscale sia secondario ed eventuale, e comunque non motivante l’avvio della sequenza, e che abbia il proprio incipit nella gratuita volontà di contribuire al bene comune (meglio se in forma associata) e non di trarne vantaggi personali in termini di sconti fiscali.
Questo è infatti, il metodo interpretativo individuato dalla Corte dei Conti dell'Emilia Romagna quando sostiene che l'art. 24 dello Sblocca Italia è “espressione del principio della sussidiarietà orizzontale di cui all’articolo 118, comma 4, Costituzione, in quanto consente alle comunità di cittadini di partecipare alla gestione dei servizi relativi alla cura e alla valorizzazione del territorio“
Ci riferiamo nello specifico ad un REGOLAMENTO DI COLLABORAZIONE TRA CITTADINI ED AMMINISTRAZIONE PER LA CURA, LA GESTIONE CONDIVISA E LA RIGENERAZIONE DEI BENI COMUNI che disciplini, sulla base di principi condivisi quali fiducia reciproca, trasparenza, responsabilità, autonomia civica, valorizzazione dell'impegno di tutti i cittadini tutta una serie di interventi, aperti a tutti, sugli spazi pubblici e sugli edifici (gestione condivisa, cura e manutenzione ordinaria), interventi di innovazione sociale (attività e progetti a carattere culturale, ambientale, sportivo, turistico, economico e sociale) e di promozione della creatività urbana (sperimentazione artistica e riqualificazione delle aree).
Si tratta di una tipologia di regolamento che mette a disposizione dei cittadini attivi uno strumento in più rispetto al passato, un patto di collaborazione che, oltre a definire obiettivi, tempi e modalità di azione, prevede una serie di agevolazioni per i cittadini stessi: esenzione in materia di imposte, tasse e diritti; accesso agli spazi comunali; dispositivi di protezione individuale e beni strumentali; affiancamento nella progettazione; formazione; risorse finanziarie a titolo di rimborso spese di costi sostenuti; forme di riconoscimento e agevolazioni amministrative
Pertanto, abbiamo inviato alla nuova amministrazione Pepe un'istanza in cui proponiamo l'analisi delle esperienze delle città che hanno già approvato questo tipo di regolamento, partendo da uno dei fiori all'occhiello delle amministrazioni a 5 stelle, ovvero Pomezia, dove grande è stato l'impegno della vice Sindaco Elisabetta Serra per portare avanti questo strumento fortemente innovativo.
Inoltre, abbiamo richiesto di considerare l'eventualità di creare un percorso sperimentale di gestione condivisa dei beni comuni anche nel Comune di San Giorgio del Sannio.
Un'ultima considerazione: proprio a Pomezia nell'aprile scorso si sono recati numerosi candidati del m5s sannita per approfondire, come comunicato alla stampa locale, i temi legati alle dinamiche di funzionamento della macchina amministrativa con uno specifico riferimento alla gestione dei beni comuni,[http://www.ntr24.tv/2016/04/02/comunali-il-m5s-di-benevento-incontra-lamministrazione-a-5-stelle-di-pomezia/] ma, evidentemente, i candidati di San Giorgio del Sannio, visto il loro approccio al tema, quel giorno o non erano attenti o non hanno preso bene gli appunti.





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